Abisso del Drago - L'armo continua...

Non è sempre facile scrivere i resoconti delle uscite in grotta. Ancora più difficile quando le cose non vanno come ti aspetti. Racconti il tuo punto di vista, sapendo che non è l’unico. La giornata per me non inizia nel migliore dei modi. La tentazione di stare a casa è tanta ma mi faccio forza e spero che una giornata di montagna e grotta mi aiuterà a distrarmi. Puntuali passano Monica e Stefano a prendermi, per loro è solo una leggera deviazione così per una volta posso lasciare la macchina a casa. Destinazione, Campo Carlo Magno dove troviamo puntualissimi (noi un pochino meno) Lorenza, Federico e Samuel. Il programma della giornata è molto vario: Stefano parte di corsa per fare allenamento, ci raggiungerà direttamente in zona esplorativa. Noi, aiutati dall’insostituibile funivia, raggiungiamo il passo Grostè e ci dirigiamo in direzione del nostro campo estivo e la piana dei Grostedì sotto Cima Roma, la nostra destinazione finale. Molto prima di quanto ci aspettassimo sentiamo Stefano alla radio: è già al campo, e poco dopo ci ha già raggiunto. La comitiva si è riunita. Passiamo tutti i punti noti della zona di esplorazione come A1, R1, R2 e giungiamo così all’imbocco dell’Abisso del Drago. Non ci fermiamo però, poiché prima abbiamo promesso a Federico di mettere il naso all’Incompiuta, una crepa piuttosto stretta ma promettente, vista nelle punte di esplorazione un paio di anni fa e preparata per la discesa durante il campo di quest’anno. Siamo in 3 con l’attrezzatura ma mentre io e Lorenza ci giochiamo il turno a testa o croce vediamo Monica già con il naso dentro a curiosare. Abbiamo trovato la volontaria! La crepa è stretta ma Monica è tenace, riesce a scendere qualche metro prima di fermarsi, oltre i 25 cm non passa, inoltre dopo la fessura piega leggermente e non si capisce bene l’andamento che vuole prendere. Il rotolamento di sassi è ancora promettente. Incompiuta, con te non abbiamo ancora finito! Con l’occasione buttiamo anche giù il rilievo.

Qui il gruppo si divide: Monica, Stefano e Samuel, armati di trapano e placchette, provvederanno a “placchettare” le grotte in zona. Io e Lorenza scendiamo al Drago per continuare l’armo. Federico, attrezzato di coperta e risotto ci aspetta fuori: deve studiare. Lo guardiamo con un po’ di invidia pensando al pomeriggio di sole e relax che lo aspetta. Quanto ci sbagliavamo…

Sono circa le 14, con il sacco trapano prendo la corda 20 per armare l’ingresso, una crepa piuttosto stretta piena di artigli che ti si incastrano nei sacchi, nell’imbrago e in ogni punto possibile. Per fortuna è corta, saranno 7-8 metri, poi si pendola lateralmente e si raggiunge l’armo doppio della partenza del pozzo, già preparato da me qualche settimana prima, durante il campo. Qui appeso trovo il sacco con la corda da 70 e qualche placchetta, me lo collego all’imbrago e inizio la discesa del primo pozzo. Lorenza mi segue con un altro sacco, una corda da 50 e qualche placchetta/moschettone. Il primo pozzo è già armato, ma in risalita, la volta precedente, ci eravamo accorti di un punto in cui la corda sfregava sulla roccia quindi la prima cosa da fare è mettere un bel deviatore: fatto! Raggiungiamo la zona della frana, sistemiamo l’armo naturale con un altro cordino e passiamo in un piccolo meandro in frana. Raggiungo un fix posto direttamente sul pozzo, poco igienico dal punto di vista della sicurezza quindi passo il trapano a Lorenza, dietro di me, per preparare l’armo per un corrimano.

Una volta fatto scendo di una 15ina di metri, arrivo sull’altra parete e pianto un bel fix, dopo averne cercati altri invano. Una volta piantato e posizionato l’anello ne vedo uno già pronto un metro sotto di me… e te pareva… Nel frattempo Lorenza mi dice che la corda sopra gratta parecchio, l’unica è tornare su e sistemare l’armo. La posizione è sempre più scomoda, la roccia è marcia ma l’idea su come posizionare l’armo doppio di Lorenza si rivela vincente e ci permette di ripartire. Raggiungiamo così una strettoia. Sono le 17, ci sembra di non aver combinato molto ma dobbiamo tornare fuori. Lasciamo così i 2 sacchi con le corde, la sacchetta d’armo e con Lorenza in testa ripartiamo. Tempo 20 minuti e raggiungiamo il meandro in frana, superiamo quello e la strettoia e qui inizia la perplessità: c’era tutta quest’acqua prima?! Lorenza inizia a salire ma vede subito che la situazione è pericolosa: arriva troppa acqua e c’è un bel po’ di nebbia dovuta all’acqua nebulizzata. Troppo pericoloso salire, c’è il rischio di bagnarsi troppo e dover ritornare giù, o peggio… Decidiamo così di aspettare, quella zona in frana è l’unica che resta asciutta ma intorno a noi si moltiplicano le cascatelle e la quantità di acqua ci fa decisamente preoccupare. Non solo per noi ma soprattutto per quelli che sono fuori, chissà che inferno di pioggia stanno passando.

Sono le 17.30, il limite massimo per l’uscita che abbiamo concordato con gli altri sono le 19.00 e sappiamo già che sarà difficile rispettarlo, quindi ci prepariamo per l’attesa, con i teli termici. La situazione non è delle più rosee e più di una volta parte la battuta “ma chi ce l’ha fatto fare, potremmo essere sul divano a guardare il trono di spade”. Tra battute, chiacchere e una tavoletta di cioccolato sbriciolata ma condivisa con piacere il tempo passa davvero in fretta e mi rendo conto più volte che essere in compagnia di una persona di cui ti fidi e con cui hai un ottimo rapporto di amicizia ti permette di superare anche le situazioni più difficili senza perdersi d’animo.

Passano così anche le 20 e finalmente sentiamo una voce dall’alto (no, non è arrivata ancora la nostra ora): è Monica, che ci urla (con un tono a mio avviso veramente nervoso, segno che è parecchio preoccupata) che fuori ha quasi smesso di piovere e i pozzi sono fattibili, anche se nella prima parte (quella in cui siamo noi) viene giù ancora parecchia acqua. Sollevati ci rimettiamo in piedi, sistemiamo le nostre cose e ripartiamo. Acqua nebulizzata non ce n’è più ma sembra di stare sotto una tempesta, specie su un frazionamento, mentre aspetto il “libera” da Lorenza. Arriviamo così alla crepa finale di uscita dal pozzo, dove sento Lorenza imprecare: gli si è pure rotto il cordino reggicroll. Capitano proprio tutte oggi! Siamo fuori, la corda del pozzo di ingresso non mi sembra il caso di perdere tempo a disarmarla, Monica e Stefano sono già partiti mentre gli altri sono praticamente pronti. Via l’imbrago, sopra la tuta il K-Way, zaino in spalla e via, di notte, sotto una pioggerellina che si tramuterà in tempesta e ci accompagnerà fino alle macchine, a Campiglio. Nel tragitto vediamo pozze di grandine e acqua che ci fanno capire cosa hanno passato gli altri fuori, ad aspettarci. Gli umori sono cupi, si parla poco ma si cammina tanto e l’ambiente impervio e lunare del Grostè non è certo un posto da attraversare di notte, sotto il diluvio. La zona comunque non ha segreti per noi e con la guida di Lorenza ripassiamo da tutti i vari punti noti come la selletta prima del campo e il campo stesso. Purtroppo non possiamo trovare conforto qui, il campo era allestito 2 settimane fa, bisogna proseguire. Raggiungiamo il passo del Grostè e qui inizia a farsi più dura, dato che oltre all’acqua si aggiunge anche un forte vento, che ci obbliga a camminare chini. Sono quasi le 23 e i rifugi sono chiusi, comunque saremmo andati avanti lo stesso. Distanziati parecchio da noi ogni tanto vediamo 2 lucine fermarsi e puntare nella nostra direzione, sono Monica e Stefano. Ormai l’obbiettivo è solo mettere un piede davanti all’altro, ignorare l’acqua e il dolore ai piedi dovuto agli scarponi da grotta, poco adatti alle lunghe camminate di montagna, essendo del tipo antinfortunistico. In lontananza fa capolino la sagoma della Luna. Forse è segno che smetterà di piovere? Continuando lungo la strada Lorenza ci fa ben sperare affermando che siamo a circa un paio di minuti dalle macchine. Sono dubbioso, ma dopo poco vediamo Monica, Stefano e la loro macchina; un altro punto per lei! Da qualche minuto ha anche smesso di piovere, possiamo rilassarci un po’ e dopo esserci cambiati e rifocillati con dei crostini (la nostra cena) ci siamo stretti tutti sulla macchina di Stefano, raggiungendo il parcheggio vicino alle funivie dove Lorenza, Federico e Samuel effettuano il trasbordo degli zaini.

È difficile salutarsi in queste situazioni. Si è stanchi, bagnati e infreddoliti ma resta sempre un “qualcosa” nell’aria che rende difficile il distacco del gruppo, quando ognuno torna verso la propria casa, a raccontare agli altri la propria avventura, sapendo già che sarà difficile che riesca a coglierla completamente, dato che non l’ha vissuta.

Manuel
    Presenti:
  • Federico B.
  • Lorenza
  • Manuel
  • Monica
  • Samuel
  • Stefano

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