Grostè 2012 - Emozioni infinite

Campo d’esplorazione nelle Dolomiti del Brenta

Questo non è un diario nè un documento ufficiale del campo d’esplorazione, ma un insieme di miei pensieri, un tentativo di trasmettere un pizzico d’emozione provata.

Finalmente il campo. Dal rientro del 2011 aspettavo questo momento.
Ora liberiamo le nostre ali e saliamo coste, percorriamo vallette per poi riscendere ampi terrazzi di dolomia chiara alla ricerca di cavità, quasi sempre piccole o grandi crepe.

Noi lo sappiamo bene, sotto di noi ci deve essere un grande sistema di grotte dove scorre un mondo di magie nel buio; per arrivarci ci vuole la crepa giusta, quella che apre il pozzo che porta nel calcare, circa 400/500 metri sotto in nostri scarponi consumati. Spesso i crepacci sono tappati da frane difficili da superare, a volte così pericolose che basta una distrazione per provocare altri crolli. A volte la via viene chiusa da neve e ghiacci e allora si cerca di scavare. Se si è fortunati e si sfonda si apre un mondo di ghiaccio, una meraviglia! Pozzi da scendere con ramponi, tubi trasparenti, si attrezzano le pareti con chiodi da ghiaccio.

Pochi hanno la fortuna di vedere questo. Noi sì, gli speleo in Grostè si godono anche questo. La grande scoperta, la grotta infinita, tutti gli anni si parte con questa speranza. Ma in fondo sappiamo che è dura, non basta un grande impegno, ci vuole anche un po’ di fortuna; alla fine saranno comunque giornate intense dove un insieme di emozioni ripagano tanta fatica.

Stare così tanto insieme rafforza l’amicizia e il gruppo avrà nuova energia.

Dal 9 al 18 agosto il campo ha visto un sacco di esploratori passare; nel conteggio delle persone che si sono alternate vanno inseriti anche i presenti della domenica 5, giornata molto importante di preparazione del tendone (e non solo). Quando il primo giorno siamo saliti la logistica è stata veloce ed efficiente: tende subito montate, l’acquedotto costruito in poco tempo, il trasporto dei materiali e i viveri è finito già nel pomeriggio. A1, la mia preferita, armata e esplorata prima di cena!!!

Dunque, i numeri, i grandi numeri… i partecipanti al campo sono ventotto, sì, in ventotto si sono alternati e hanno fatto speleologia vera, dura e impegnativa, ma si sono divertiti. Le presenze totali sono 138: sono numeri importanti che spiegano quanta passione c’è nel gruppo.

Non farò un elenco che è già presente nel quaderno di campo, ma cercherò di dare un’ idea di cosa abbiamo fatto il primo giorno.

Dopo le logiche del campo abbiamo armato e sceso A1, grotta di giacchio stupenda vicina al campo base, scoperta nel 1999 naturalmente dal GST. Che dire… per me è una grotta scuola, ogni speleo del nostro gruppo dovrebbe avere la possibilità di fare la sua conoscenza. Già prima di entrare con i ramponi si percepisce che c’è qualche cosa di diverso, con le raccomandazioni: “occhio a non pestare la corda, la buchi”. Entri e dopo pochi metri sei sul nevaio perenne; scendi e ti appendi a strani attacchi come i chiodi di ghiaccio e la pancia del ghiacciaio ti fa scoprire l’utilità del rampone! La discesa è lenta perché ci sono mille cose da vedere, gli occhi godono e il cuore batte forte. L’ultimo pozzo è un tubo di vetro dal diametro di tre o quattro metri, profondo circa trenta, con sopra una stalagmite enorme che finisce con una punta!!! Finisce? No, alla base del pozzo si salta una lama e a sinistra si potrebbe passare sotto una frana ma è troppo pericoloso, bisogna prima mettere in sicurezza i blocchi di frana appoggiati all’acqua solida. A destra invece una via nel giacchio c’è, ma si strige dopo qualche metro .Tutti gli anni però e un po’ più aperta. A1 ci da ancora speranza! I fortunati visitatori escono felici e soddisfatti, molti di noi ancora non l’avevano scoperta.

Le giornate scivolano veloci e l’attività continua con il ricambio di persone, c’é quasi sempre qualche arrivo e qualche partenza. Siamo andati alla sella sotto cima Grostè, girato tutta la cintura sopra e sotto la ferrata Benini, percorso valli e vallette, ci siamo spinti verso il Torrione, verso cima Roma e ancora altre zone. Quando abbiamo trovato qualche cosa di interessante siamo scesi e, se meritevole di attenzione, abbiamo rilevato e nominato . Di altre cavità inesplorate abbiamo la posizione, andremo alla prossima occasione. Abbiamo diverse grotte nuove tutte rilevate e qualche ramo in più di grotte già conosciute, faremo i disegni e sono da catastare.

In fondo alla grotta di sabbia fossile, denominata Raponzolo, c’è un lungo meandro che stringe sempre più e che per due giorni abbiamo provato a scavare: era un fatica immane, poca aria, stretto da matti e senza il posto dove mettere il materiale di scavo; rimangono ancora un paio di possibilità, ci vuole tempo ma ci proveremo, non ci siamo arresi!

Anche in altre grotte ci sono delle opportunità, con un po’ di lavoro e di scavo forse si va.

In questi ultimi anni il clima sta cambiando la situazione: in alcune grotte la neve sciolta tappa delle crepe esposte prima accessibili (A19 e A2); in altre i ghiacci interni si sciolgono e ci aprono nuove speranze (A1).

Il campo base.

Cos’è il campo base? Un riparo dove cucinare e mangiare al riparo, cambusa e taverna, in pratica un grande telone fissato alla roccia. Cibo, corde e moschettoni, fornelli, padelle l’importante moka e utensili vari, tutto sta’ li. Le cose personali nelle varie tende. Di solito è il luogo dove si fa colazione e cena, il pranzo è al sacco nella zona dove va la squadra. La sera è il ritrovo di tutti e fra un boccone e un bicchiere di vino ci si racconta l’esito delle varie uscite programmando la giornata seguente.

Il cibo è semplice ma sempre gustoso, il vino non è mancato mai quest’anno e nemmeno la grappa. Qualche bevuta si è fatta, ma al mattino tutti pronti a riprendere come leoni non come quel detto che dice la sera leoni e al mattino c……i.

Nel campo base c’è anche Jeki (il nostro bau) con la coperta verde e lo sguardo attento al movimento del cibo.

Sensazioni.

Quando mi calo in una crepa molto stretta per vedere se la cavità ha un seguito, il mio pensiero è : “magari vado oltre, ma se poi non riesco più a risalire?” In questo campo mi è capitato due volte. Aver fiducia nei compagni è molto importante: se mi blocco e non passo, in qualche modo loro mi faranno uscire; con questo si può osare di più e l’esplorazione è più efficace. Questo è il campo: tanti amici, tanta fiducia, un unico fine.

Cosa mi porto via dal campo in Brenta è difficile da spiegare, forse per capirlo l’unico modo è viverlo, mi porto via un sacco di momenti.

Qui tutti siamo protagonisti: c’è chi si è fatto una fila di crepe strette e taglienti imprecando quando si strappa la tuta e quando si rimane incastrati; c’è chi si è occupato della cucina guadagnando simpatie infinite; chi ha portato i viveri il vino e la grappa; chi si è fatto ore di cammino con lo zaino pesante senza magari trovare nulla. Tutti, proprio tutti importanti.

Non ho fatto nessun nome perché ognuno sarebbe meritevole di complimenti con lodi varie e ci sarebbero troppe pagine da scrivere, c’è anche chi il campo non lo ha fatto perché non poteva ma lo ha comunque sostenuto in fase di progetto. Anche quest’anno sono tornato stanco (che dico, cotto!...una settimana per recuperare, sarà l’età)?

Già penso alla prossima volta, che sia quella giusta?

Roberto

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